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PAVESE
Potete raggiungerla con meno di mezz'ora di treno da Milano, e la stazione è a pochi passi dal centro. Se ad accogliervi troverete un giorno di nebbia, non preoccupatevi, fa parte del suo fascino.
Tenete la sinistra fino ad incrociare un lungo viale alberato, seguitelo e alla fine non potrete evitare il Castello Visconteo, esempio di architettura rinascimentale, costruito tra il 1360 e il 1365 per volere di Galeazzo II Visconti. Visitate gli interni e alla fine rilassatevi nel parco circostante, fresco rifugio durante una giornata afosa e dai colori spettacolari in autunno.
Bastano due minuti per passare dai giardini alla Strada Nuova, pedonale, e passeggiare senza traffico tra viuzze e negozi.
Lungo il corso incontrerete l'Università, una tra le più antiche d'Europa. Arrivati in Piazza Leonardo da Vinci ammirate tre delle cento torri che anticamente segnavano lo skyline cittadino.
Se per pranzo preferite una cosa veloce ed informale fermatevi in uno dei numerosi locali della zona universitaria; se invece volete sedervi, potete trovare un ristorantino ed ordinare qualche piatto tipico. Per il caffè spostatevi nei tavolini all'aperto di Piazzetta Vittoria e passate poi a vedere il Duomo.
L'area storica ha ancora molto da offrire per chi decide di trascorrere il resto della giornata ancora nei suoi vicoli; ma per chi vuole sapere cosa c'è nei dintorni è l'ora di spostarsi e ammirare la celeberrima Certosa. Non lasciatevi sfuggire l'occasione di farvi accompagnare dai monaci - che ancora abitano qui - alla scoperta di questo luogo.
Oltre al turismo culturale anche quello enogastronomico può dare grandi soddisfazioni: concedervi una degustazione in una tra le tante cantine dell'Oltrepò Pavese sarà una conclusione perfetta della vostra giornata!
Questo percorso vi aiuta a scegliere cosa vedere in un giorno; resterà la bellissima campagna da scoprire, magari la prossima volta con un giro in bicicletta.
Il Castello di Chignolo Po è una delle fastose residenze castellane di campagna della Lombardia.
La sua parte più antica è la torre, costruita come presidio sul Po e sulle vie di collegamento tra il nord Europa e l'Italia.
Il
Castello, edificato nel Duecento, fu trasformato nel Settecento in
reggia principesca, attraverso una fantasiosa rielaborazione stilistica
dell'edificio.
Si presenta come una maestosa costruzione in cotto, sovrastata da una galleria sporgente sostenuta da mensole in pietra.
Ogni
finestra è incorniciata di bianco, L'elemento più spettacolare è la
torre centrale, quadrata e dotata di merlature, impreziosita da una
loggetta. All'interno si possono ammirare gli appartamenti in cui furono
ospitati Papa Clemente XI, Napoleone Bonaparte e Francesco I d'Austria,
nonché il fastoso salone da ballo sul cui soffitto è dipinta la gloria
delle quattro stagioni.
Il Castello è inoltre sede del Museo di
Storia della civiltà agricola lombarda, nato nell'intento di riunire le
molteplici realtà storiche che hanno costituito il fondamento delle
attività agricole della bassa padana e del Museo lombardo del vino.
Il
percorso di visita ha lo scopo di far ammirare il complesso monumentale
del Castello di Chignolo Po e di valorizzare la storia del suo secolare
regio feudo e della sua mansione lungo la Via Francigena. Le visite
sono solamente guidate in quanto il Castello è una dimora privata.
Le Terme di Miradolo offrono ai propri clienti un patrimonio di fonti termali molto simile fra loro come composizione chimica e caratteristiche fisiche: si tratta di acque salsobromoiodiche – litio magnesiache – sulfuree riconosciute dal Ministero della Salute come terapeutiche nella cura delle patologie respiratorie, dell’orecchio, naso, gola, quelle artroreumatiche, vascolari, dermatologiche, urinarie e gastroenteriche.
LOMELLINA
Quando le risaie sono allagate, il paesaggio della Lomellina vede riflettere i tantissimi castelli del territorio (l’Ecomuseo del Paesaggio Lomellino lo promuove come “la Piccola Loira di Lombardia”). Ma a riflettersi sono anche le tantissime cascine che costellano le risaie.
Costruzioni rurali che hanno da raccontare storie antiche e moderne, come nel caso della Tenuta San Marzano Mercurina di Pieve del Cairo: qui la Fondazione Darefrutto sta rigenerando un’ampia area che comprende due cascine antiche, una addirittura con tracce archeologiche di periodo longobardo, un prezioso ontaneto con garzaia e una casa di caccia del Novecento, scenario di episodi degli Anni di Piombo milanesi raccontati nel libro “Quello che non ti dicono” di Mario Calabresi.
Ma le risaie allagate riflettono anche i tanti abitanti silenziosi della Lomellina. Non sarà difficile fermarsi a osservare aironi, garzette, cavalieri d’Italia, ibis, germani… e anche qualche raro tarabuso! Qui, percorrendo il territorio a piedi o in bicicletta, si possono scoprire angoli inaspettati, piccole oasi e punti privilegiati per gli amanti della fotografia naturalistica.
Fra Tre e Quattrocento il Castello di Garlasco
fu tanto importante da meritarsi l’appellativo di
propugnaculum Papiae, baluardo di Pavia, poiché
aveva un importante ruolo nel sistema difensivo
della città. Oggi dell’antico edificio si conserva
solo l’imponente torrione (che presenta tuttora la
merlatura ghibellina, eleganti decorazioni a dente
di sega e i bolzoni del ponte lavatoio), scampato nel
1524 alle devastazioni di Giovanni delle Bande Nere.
Nell’ultimo scorcio del Quattrocento,
al culmine della civiltà delle signorie
rinascimentali, il feudo di Vigevano, borgo
fortificato d’origine longobarda, visse la sua età
dell’oro con l’avvento al potere di Ludovico Sforza
detto il Moro, che qui realizzò, con la sistemazione
del centro urbano e della Piazza Ducale porticata,
una delle più alte imprese urbanistiche italiane
di ogni tempo, vero e proprio pubblico salotto
d’anticamera al grandioso complesso architettonico
del Castello, cui si accedeva da un’ampia rampa o
scalinata posta in corrispondenza della Torre, lungo
il lato sud, dove l’ingresso è ora quasi nascosto dai
portici.
Costruito come opera provvisoria alla fine dell’ottocento, resistette ad entrambe le guerre mondiali.
Le barche, inizialmente in legno, furono poi sostituite con le attuali chiatte in cemento. Questo tipo di ponte segue la portata del fiume, quando il livello d’acqua si alza le barche galleggiano.
Mortara è proprio lungo il tragitto della Via Francigena, solcato per secoli da pellegrini e viandanti in direzione di Roma, e conserva alcuni edifici religiosi di importante valore storico e artistico.
Nella basilica di S. Lorenzo, nel cuore della città, si nascondono importanti opere d’arte e il cimitero monumentale ottocentesco è anch’esso un’attrazione culturale conosciuta.
Soffermiamoci sulla basilica che è come un piccolo museo di arte sacra per le opere pittoriche conservate, in gran parte risalenti al ‘500 e al ‘600. Tra gli artisti più famosi che hanno contribuito alla decorazione della chiesa è impossibile non citare Giulio Cesare Procaccini, Bernardino Lanino e Giovan Battista Crespi, meglio conosciuto come il Cerano.
Bisogna però allontanarsi leggermente dal nucleo storico per visitare il monumento più conosciuto di Mortara. Stiamo parlando dell’abbazia di S. Albino, preziosa custode di affreschi quattrocenteschi, circondata da un raffinato portico. Lo sviluppo di quest’abbazia, posizionata sul percorso della Via Francigena, è strettamente legato alle vicende della battaglia di Mortara, che ebbe luogo nel 773 d.C. in questi luoghi. In quella storica occasione il leggendario re dei Franchi Carlo Magno sbaragliò la resistenza dell’esercito longobardo, guidata da re Desiderio. L’abbazia di S. Albino cominciò a crescere intorno al luogo di sepoltura dei (pochi) soldati franchi morti in battaglia: nei secoli successivi numerosi pellegrini francesi avrebbero visitato la chiesa per rendere omaggio ai loro antenati vittoriosi.
Mortara ha anche un’anima semplice, rurale. Chi capita a Mortara nel mese di settembre non può perdere la sagra del salame d’oca,
che celebra la specialità gastronomica locale più conosciuta. Per
l’occasione in città è un susseguirsi di danze e cortei storici di
ambientazione rinascimentale. Non solo: le sette contrade di Mortara si
scontrano durante la sagra in un grande palio cittadino, che altro non è
che un gioco dell’oca vivente basato sulle abilità dei partecipanti al
tiro con l’arco.
Nelle immediate vicinanze di Mortara sorgono due piccoli abitati che meritano una pausa approfondita, Olevano di Lomellina e Castello d’Aragona. Lungo la strada sono infinite le suggestioni. Si è immersi nel paesaggio mutevole della risaia: campi allagati a perdita d’occhio nella tarda primavera, prati smeraldini d’estate, argini di rogge piantati a pioppi, grandi cascine isolate.
Si parte da Castello d’Agogna che prende il nome dalla sua fortezza, non lontano dalla sponda sinistra del fiume Agogna. In paese si racconta che il mitico generale romano Giulio Cesare abbia presidiato questo territorio con le sue legioni, prima di marciare in direzione della Gallia (l’odierna Francia). Oggi l’attrattiva principale del paese è il suo castello, passato di mano in mano nei secoli a diverse dinastie aristocratiche e oggi proprietà dei discendenti della nobile famiglia Isimbardi. La rocca è a disposizione per eventi e matrimoni privati. Olevano di Lomellina è un altro interessante borgo agricolo, anch’esso dotato di una fortezza difensiva. Il paesaggio circostante è largamente occupato da fertili risaie, affiancate da campi di cereali, asparagi e piselli. A Olevano di Lomellina ci si viene specialmente per il Museo di arte e tradizione contadina: una grande collezione di attrezzi e macchinari è testimone dello sviluppo delle tecniche agricole in Lomellina, soprattutto per quanto riguarda la coltivazione di riso e cereali. Il museo segue orari ridotti, quindi meglio chiamare in anticipo. A proposito di castelli e fortezze, prima di raggiungere la tappa successiva, Garzaia di S. Alessandro, vale la pena andare a Cozzo e visitare il suo Castello Gallarati Scotti, interessante per conoscere appieno la storia di questo territorio.
Sul tragitto che da Olevano di Lomellina scende in direzione di Breme e Sartirana Lomellina, la sosta obbligatoria è alla garzaia di S. Alessandro, tra le più conosciute ed estese della provincia di Pavia.
Cosa sono le garzaie? Sono piccole aree protette sparse nel territorio della Lomellina dove vivono e svolazzano diverse specie di uccelli autoctoni. Il nome garzaia potrebbe derivare dalla parola dialettale “sgarza” che indica l’airone, uno degli uccelli più diffusi nell’habitat naturale lomellino. Altre specie comuni sono le garzette e le nitticore.
Il percorso di visita richiede di muoversi in modo lento e silenzioso tra i cespugli, le canne palustri e le pozze d’acqua. Si potrebbero così scovare esemplari di uccelli che nidificano e si riproducono nell’ambiente protetto delle garzaie. Per chi volesse vivere un’esperienza ancora più completa della fauna delle garzaie, alcune associazioni e gruppi naturalistici organizzano escursioni guidate.
A pochi minuti d’auto dal confine tra Lombardia e Piemonte, marcato dalle rive del fiume Po, il paese di Sartirana Lomellina lega la sua storia alle vicende del suo castello. Fondata dalla dinastia aristocratica dei Visconti nel XIV secolo, la fortezza mostra il colore rosso vivace tipico dei mattoni lombardi quando ci si avvicina alla sua possente struttura. Un bel fossato circonda la rocca, sormontata da un alto torrione circolare. Lungo i quattro lati del castello si notano sui muri profonde fenditure e merli a scopo difensivo.
Il cortile interno è colorato da una folta edera rampicante, e si passa da qui per accedere alle interessanti esposizioni museali proposte dalla Fondazione Sartirana Arte. Anche a Sartirana Lomellina è meglio verificare gli orari di apertura prima di presentarsi all’ingresso del castello.
Prima di continuare l’itinerario in direzione dell’antica Lomello, non può mancare una sosta golosa a Breme, luogo di origine di una varietà di cipolle rosse
(“sigulle” in dialetto locale) tra le più apprezzate in Lombardia e in
tutta Italia. Le cipolle rosse di Breme sono grandi, rotonde e
leggermente schiacciate e svelano un sapore dolce e insieme sapido. Il
momento migliore per assaggiarle è in occasione della sagra
patronale di Breme, tra maggio e giugno. La cipolla sarà ideale
condimento di un risotto, da accompagnare alle rane e alle lumache,
specialità tipiche della Lomellina.
Il borgo di Lomello si trova a circa 10 chilometri a est di Sartirana Lomellina. Come è facile indovinare, il paese era importante già in epoca romana e con il suo nome si indicava l’intero territorio della Lomellina.
L’abitato della romana “Laumellum” era citato già nel II secolo d.C. dal geografo greco Claudio Tolomeo. Divenne poi ancora più noto intorno alla fine del VI secolo d.C. quando ospitò le nozze dei membri della dinastia reale longobarda Teodolinda e Agilulfo. Le relazioni commerciali e politiche del borgo di Lomello con la città di Pavia, sede principale del regno longobardo, erano infatti ottime: il matrimonio reale ne sancì la definitiva conferma.
Una visita culturale a Lomello può partire dal castello, che custodisce alcuni affreschi cinquecenteschi e ciò che rimane di due mosaici pavimentali romani.
A pochi passi dalla fortezza spicca poi il complesso monumentale di S. Maria Maggiore, un edificio religioso in stile romanico lombardo. La primissima costruzione crollò nel 1117 durante un terremoto, anche se la leggenda racconta che sia stato il diavolo in persona a distruggere la struttura. Di questa prima versione della basilica si nota ancora isolata una piccola sezione che si staglia verso il cielo, affiancata dal resto della struttura, ricostruita dopo il terremoto.
Vicino a S. Maria Maggiore sorge poi il battistero paleocristiano di S. Giovanni Ad Fontes
costruito tra il V e il VII secolo d.C. e rimasto in piedi anche dopo
il terremoto. È considerato tra i monumenti culturali più antichi
dell’intera Lombardia e al suo interno si conserva ancora la fonte
battesimale originale.
Da Lomello il paesaggio agricolo della Lomellina mantiene la sua uniformità proseguendo ancora verso est. Intorno a Valeggio e Scaldasole si attraversano risaie e campi di mais, lungo vasti campi bordati da alti pioppeti. Le pozze d’acqua e i piccoli canali che attraversano queste aree ospitano grandi nidi di uccelli autoctoni.
A Valeggio si nota in fretta che tutto in questo borgo ruota intorno alla sua fortezza aristocratica, un castello che rimanda per stile e dimensioni a quello di Sartirana Lomellina. Sette torrioni perimetrali, di forme eterogenee, formano un’immagine davvero pittoresca, di fascino antico.
Dalle sale della rocca di Valeggio sono passati importanti personaggi storici, come re Francesco I di Francia e re Carlo V d’Asburgo. Tra le diverse dinastie aristocratiche che hanno abitato il castello nei secoli si deve citare la famiglia dei Pico, signori del borgo di Mirandola, in provincia di Modena. Si dice che il più famoso tra i membri di questa famiglia, Giovanni Pico della Mirandola, iniziò proprio a Valeggio i suoi intensi studi che l’avrebbero reso uno degli intellettuali più eruditi e colti della storia italiana.
Le sorti di Valeggio sono da sempre legate a quelle di Scaldasole, un paesino a soli 5 chilometri di distanza, con un bel castello di mattoni rossi che custodisce alcuni reperti che vanno dall’età Neolitica al periodo Longobardo.
Anche qui c’è un possente castello: la famiglia Strada abita questa fortezza privata da lungo tempo ma di tanto in tanto i sorprendenti interni del complesso medioevale vengono aperti per essere visitati e apprezzati da tutti.
In alternativa, vale comunque la pena osservare da fuori il grande fossato e le possenti mura della fortezza durante una passeggiata intorno al suo largo perimetro.
Voghera è un importante centro industriale e vinicolo situato nell'Oltrepò Pavese.
Il suo centro storico è caratterizzato da edifici di interesse storico come chiese e palazzi, testimonianza del passato ricco di arte e cultura del borgo.
La chiesa più importante e significativa di Voghera è il Duomo, dedicato a San Lorenzo.
La cattedrale venne costruita dal 1605 sulle rovine di una chiesa più antica e conserva al suo interno i Tesori del Duomo: broccati d'oro, arredi preziosi e miniature.
All'interno si trovano numerose opere scultoree e pittoriche di grande pregio.
Accanto al Duomo, Palazzo Gounela mostra uno stile neoclassico con facciata con timpano triangolare retto da quattro colonne.
Nella stessa piazza sorge Casa Nava, un palazzo storico il cui porticato è stato ricostruito mantenendo le caratteristiche tipiche degli antichi portici di Voghera.
Altre attrazioni culturali del centro storico sono rappresentate dal Castello Visconteo, risalente al 1372, dalla chiesa barocca di San Giuseppe, dal Museo Storico di Voghera e dal Museo Civico di Scienze Naturali.
Immerso nel verde dell'Oltrepò Pavese, tra i boschi di roverella e castagno che lo racchiudono come una perla e la flora spontanea, Fortunago è un borgo da scoprire con pazienza.
Pazienza nello scrutare i dolci panorami collinari, pazienza nell'ammirare l'attento recupero delle atmosfere del passato, con le facciate tutte in pietra a vista, i serramenti di legno in tinta naturale, la pavimentazione delle strade in porfido, l’illuminazione curata e soffusa, le panchine in legno, l’attenzione estrema per il verde pubblico… che rendono questo borgo un perfetto esempio di equilibrio tra modernità e tradizione.
Buon gusto ovunque: la pietra viva degli esterni, i fiori ai balconi, i ceri in chiesa, le siepi tagliate, gli insetti nei campi di mele, gli uccelli sparsi nelle vigne, la focaccia cotta sulla pietra, gli abitanti gentili. Bisogna venire in primavera, quando il bosco è tutto una fioritura di profumi, di primule, narcisi e pervinche.
Ma anche i campi coltivati a frumento regalano colori: dentro il giallo solare delle spighe si apre l’azzurro dei fiordalisi, con il sole che scalda anche i toni pastello delle case ed il campanile che spicca su tutto il resto.
E se poi si va bene a guardare, qualcosa di interessante si trova nel borgo. Ad esempio, una sorgente di acqua minerale proprio dietro al ristorante dove si beve del buon vino, tipico in questa eccellente zona vinicola.
O il trittico a tempera su legno nella secentesca chiesa di San Giorgio, con la tavola centrale firmata Pesina, o nella lunetta sopra il portale, dove c’è una pregevole Annunciazione affrescata. Oppure i resti dell’antico castello appena sotto la chiesa con una torre rettangolare del ‘400 e tracce di mura.
Ma tutto il paese, vestito a nuovo, ammalia come una poesia che non invecchia nel tempo.
Una frazione di Pizzale, tutta raccolta intorno alla chiesa di San Crispino. Un complesso architettonico affascinante, che comprende anche Villa Meroni, il parco e il giardino all'italiana.
Broni, prima di divenire centro vinicolo, fu un caposaldo dei Beccaria, signori di Pavia, ed ebbe una storia travagliata. Dalla collina è possibile ammirare uno splendido panorama, dove nelle giornate più terse si arriva a scorgere Milano. La Basilica di San Pietro Apostolo custodisce un numero considerevole di volumi manoscritti e paramenti sacri antichi.
A Broni ha la sua sede la più importante realtà vitivinicola di tutto l’Oltrepò Pavese e dell’Italia Nord-Occidentale, basti pensare che durante la vendemmia 2016, sono stati vinificati oltre 429.000 quintali di uva.
Tra la fine di Agosto e la prima settima di Settembre si tiene una delle più antiche manifestazioni del territorio, la tradizionale Festa dell'Uva, dove si festeggia il prodotto principe del territorio, il vino.
Merita una passeggiata la salita al colle San Contardo, scandita dalle 12 stazioni della Via Crucis realizzate in ceramica policroma dallo scultore pavese Angelo Grilli (1996). Sulla sommità del colle è stata edificata una cappelletta in onore del santo patrono, circondata da cespugli fioriti di genziana e lavanda.
Il suo aspetto di borgo fortificato si deve ai Belcredi che vi costruirono un castello per difendersi dagli attacchi dei piacentini: un avamposto rispetto al castello principale di Montalto, feudo di cui Mornico faceva parte.
Subisce nei secoli diversi assalti e viene assegnato dagli Sforza a diverse famiglie piacentine. Con la dominazione spagnola torna poi ai Belcredi che ne mantegono il possesso fino alla prima metà del XIX secolo trasformando il borgo fortificato in un maniero.
Molto suggestivo il Castello che oggi si presenta come uno splendido palazzo di abitazione che è adibito a location per eventi. Si trova sulla cima del colle e risale al 1190.
Vista la sua particolare posizione è indubbio che avesse funzione strategica e servisse come postazione dei nemici che arrivavano dal fondovallle. Molti furono i nobili casati che si impadronirono del maniero quali i Visconti, gli Sforza, gli Strozzi, i Taverna e i Belcredi.
L’edificio che si vede oggi è stato interamente ricostruito nel XVI secolo. D’epoca medievale sono rimasti solo i basamenti perimetrali dei sotterranei.
Si erge in tutta la sua altezza una torre merlata il cui aspetto attuale risale alla fine del XIX secolo. La loggia invece è degli anni ’40.
Pregevoli le opere d’arte contenute nel suo interno, tra cui molti quadri del XVIII secolo e uno scalone marmoreo che domina l’atrio.
All'ingresso del borgo pote trovare una bellissima piscina immersa nel verde, con un vista eccezionale sulle colline dell'Oltrepò Pavese.
Degna di nota anche la cappella eretta nelle immediate vicinanze che conserva una preziosa pala d’altare e quadri del XVIII secolo, nonché antichi libri liturgici.
L’alta torre medioevale in pietra arenaria è ciò che colpisce subito quando si arriva al Castello di Stefanago. La vista da quassù è bellissima, uno dei migliori panorami dell’Oltrepo Pavese. Presso la Cantina del Castello è possibile fare una degustazione di salumi, formaggi, dolci e vini del territorio.
Il castello trecentesco, sorto sulla preesistente rocca del XII secolo, domina dall’alto il paese e si presenta come un austero complesso di corti e corpi di fabbrica stratificatosi nel corso dei secoli e cinto da mura merlate provviste di massicce torri quadrate.
La vista sul borgo di Montesegale è dominata dal Castello che, dall’alto, si affaccia sulla Valle Ardivestra. Nato come edificio strategico di controllo, tra il 1200 e il 1300 venne dotato di una rocca di difesa. Nel 1415, durante uno scontro tra i Gambarana e i Visconti, il Castello venne espugnato e raso al suolo. Nel corso del ‘600 venne trasformato in una residenza signorile, e i vari proprietari che si susseguirono operarono ulteriori restauri. Attualmente è possibile ammirare la cinta muraria dotata di merlature, una rocca ed una torre probabilmente erette sui resti di costruzioni precedenti e una fossa circostante il Castello. Viene utilizzato per ospitare eventi culturali e, dal 1985, al suo interno è stata allestita una galleria d’arte permanente con opere di Bartolini, Brindisi, Crippa, Gattuso, Schifano e Treccani.
I prodotti tipici di Montesegale si basano prevalentemente sull’economia agricola e pastorale del borgo.
Tra le produzioni più diffuse emergono quella del salame di Varzi D.O.P., insaccato dalle antichissime origini, forse Longobarde, prodotto utilizzando tutti i tagli “magri” del maiale ai quali si aggiunge una percentuale mai superiore al 30% di tagli “grassi”.
Un’altra antichissima ricetta è quella del Pansegale che, arricchito di frutta secca (noci, mandorle, nocciole e fichi secchi) ben si accompagna al salame di Varzi DOP. Il Pansegale è stato individuato come prodotto De. Co. per le sue qualità organolettiche e per la sua antica tradizione, nonché per il suo impasto e l’utilizzo del lievito madre.
Gli altri prodotti De.Co. di Montesegale sono:
la Mundiöla, un salume gustoso e delicato, dal colore rosso vivo, attraversato da venature di grasso bianco-rosate, ottimo per essere abbinato a un bonarda vivace dell’Oltrepò;
il Salàam da cöta un insaccato di suino che si ottiene dalla miscelazione manuale di parti magre e grasse precedentemente macinate, con l’aggiunta di cotenne, sale e spezie;
la Torta di Montesegale che ha come ingrediente principale la mandorla.
Sorge fra primi rilievi dell'Appennino ligure, nella valle Staffora dell'Oltrepò Pavese, in provincia di Pavia, in frazione Abbadia Sant'Alberto isolato in una chiostra di monti, tra verdi pascoli, castagni, querce e abeti.
La costruzione dell'eremo venne iniziata dallo stesso sant'Alberto, forse del casato dei Malaspina, che nel 1030 andò ad abitare in solitudine nella vicina valletta del Borrione, ove tuttora vi è una piccola Cappelletta a lui dedicata.
Avendo guarito miracolosamente un figlioletto muto del marchese di Casasco (Malaspina), questi in segno di riconoscenza gli edificò una chiesa romanica dedicata alla Madonna in cui sant'Alberto ed i suoi seguaci eremiti potessero celebrare l'Ufficio divino.
Costituitisi in comunità, gli eremiti edificarono il monastero di cui rimane attualmente un'ala: il cosiddetto chiostrino ed il pozzo.
Sant'Alberto di Butrio è un'oasi di pace dove la fede, l'arte e la storia nobilitano l'incanto di una regione ancora inviolata dell'Appennino pavese.
L'eremo sorge a 687 m. su di uno sperone calcareo che emerge dal fondo valle entro una verde chiostra montana. Solo il versante a nord è arido e brullo con striature di pietrisco e una stentata vegetazione di arbusti.
Il paesaggio trasmette un gran senso di pace e beatitudine. Restano una robusta torre, avanzo della cinta muraria fortificata, e delle piccole chiese romaniche; quella di S. Antonio ha all'interno affreschi tardo quattrocenteschi di fattura popolare; quella di S. Alberto (XII secolo), in cui sono conservate le reliquie del santo, un ciclo di affreschi che raffigurano il committente Bertramino Malaspina.
Nella Val Tidone, dove l’Appennino digrada verso il Po, le pietre millenarie son incastonate in un ambiente tra i più suggestivi dell’Oltrepò pavese, che coi suoi filari di viti richiama alla mente panorami umbri o toscani.
È una vallata sospesa nel tempo, dove la storia si legge ovunque, nel paesaggio agrario modellato dall’uomo come nei castelli, nelle antiche pievi ed abbazie. Qui sorge Zavattarello (PV), un borgo con tradizione militare molto antica, come racconta anche il castello del celebre capitano di ventura Jacopo Dal Verme, da poco recuperato; le mura e le torri del borgo testimoniano che era un luogo strategicamente importante per lo Stato Vermesco.
L’imponente rocca sovrasta il borgo antico abbarbicato alla collina. L’esposizione a levante esalta i colori caldi e chiari della pietra arenaria e le tinte dei muri segnate dal tempo che si confondono con i toni cangianti del bosco circostante. Dai suoi terrazzi e dalla torre si gode un panorama mozzafiato sul territorio circostante. Tutto in pietra, con le mura spesse oltre 4 metri, il ricetto fortificato, le scuderie, la chiesa e le sue 40 stanze, il Castello Dal Verme merita certamente una visita.
Scendendo nella piazza, si possono osservare gli edifici in pietra - le antiche case medievali - che conservano la struttura urbanistica originaria. Il borgo, in parte ancora circondato da mura, è attraversato da una via stretta e da numerosi passaggi a raggiera verso la rocca.
Dall’altro lato del paese si trova la romanica pieve di San Paolo, con un notevole altare ligneo, pale antiche e reliquie di santi; sul retro invece il cimitero ottagonale, un’opera pregevole per l’armonia delle proporzioni, che accoglie la cappella della famiglia Dal Verme, che strenuamente hanno difeso la gloria e la gente del posto.
dominando dall'alto le sue numerose frazioni, offre un bellissimo colpo d'occhio sui suoi estesi vigneti (da cui si vinificano in particolare i Riesling e i Pinot), e su tutta la Valle Versa
Sede di importanti iniziative vinicole, come Convivium e Saxbere, che riuniscono produttori, ristoratori e operatori dei luoghi di accoglienza turistica, Golferenzo celebra la sua grande e spettacolosa risorsa: il vino.
Difatti è qui che si concentrano molte delle aziende e delle produzioni enologiche d'eccellenza della Valle Versa, con uve di grande pregio: Pinot Nero sia fermo che vivace, il frizzante Moscato, Riesling, ma anche Barbera, Bonarda, Croatina, Chardonnay, Cabernet, Sauvignon e Merlot.
Le uve sono raccolte e selezionate a mano, vinificate secondo gli antichi metodi delle famiglie di Golferenzo, ma con l'aiuto delle più moderne attrezzature enologiche.
Varzi sorge in Valle Stàffora, nel cuore dell'Oltrepò Pavese.
Visitare il centro storico medievale di Varzi è come compiere un viaggio nel passato, dove otto secoli di storia si leggono nelle testimonianze architettoniche di chiese, torri e del suo castello.
Via del mercato nel tempo prese la funzione di luogo adibito al mercato settimanale e oggi, dopo varie modifiche, si presenta fiancheggiata da una doppia fila di portici costruiti dal XIV al XVI secolo.
Caratteristica è anche via della Maiolica, che confina con la base del muro di difesa, e con l'originale costruzione che sporge dal muro stesso con le feritoie che servivano per puntare le armi.
Vicolo Dietro le Mura appare come tunnel sopra il muro di difesa medioevale, e sormontato da abitazioni che hanno l'accesso principale da via Porta Nuova.
Le forme dei muri, le porte in legno con i loro stipiti e i finestroni del porticato possono essere considerate delle opere d'arte povera medioevale.
Via di Dentro, fra le due torri - Torre di Porta Sottana e Torre di Porta Soprana che è stata edificata con lo scopo di introdurvi la campana dell'orologio - è sempre stato il centro propulsore del borgo, in quanto, nel suo interno vi si affacciavano gli uffici principali, vi abitavano le famiglie più importanti, vi si leggevano le grida delle disposizioni comunali o del feudatario e vi si svolgevano le aste pubbliche.
Nel lato sud della via sorge la seicentesca Chiesa dei Rossi, fondata dalla confraternita della SS.Trinità, ed a fianco ad essa, l'ospizio per pellegrini.
Nel lato nord si trova invece la Chiesa dei Bianchi, costruita nel 1646 dalla Confraternita del Gonfalone; quest'oratorio è unico nel suo genere perché il suo interno è fatto a forma di quadrifoglio, ad imitazione delle grandi cattedrali.
Oltre al Palazzo del Municipio, un tempo Palazzo Tamburelli, interessante e curioso da vedere è Palazzo e Torre Malaspina (delle Streghe), costruito dal XII secolo e man mano ampliato e trasformato fino al XVIII.
L'imponente Torre delle streghe è del XIII sec. chiamata così perché nel 1464 vi furono rinchiuse venticinque donne ed alcuni uomini accusati dall'inquisizione di stregoneria e successivamente bruciati nella vicina piazza.
La piazza della Fiera è il centro della vita del paese, dove poter sostare all'ombra degli alberi dei giardini pubblici o in uno dei numerosi locali che si aprono sulla grande spianata; e chi ama assaggiare i prodotti tipici non deve perdersi il salame di Varzi, rinomato in tutto il mondo.
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